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Mascherine per fronteggiare l’emergenza nazionale: contro il Coronavirus si riparte da Novara

L'industria Coccato&Mezzetti ha ripristinato la produzione di mascherine monouso sparite dagli scaffali di farmacie, negozi e supermercati, ma soprattutto da molti presidi ospedalieri del Nord Italia che in prima linea si trovano a fronteggiare l’emergenza del Coronavirus. L’azienda, gestita dalla famiglia Coccato a Galliate, ha ripreso la produzione in serie di questi DPI (Dispositivi di Protezione Individuale), insieme alle tute monouso, in seguito alle richieste ricevute da più parti e in particolare dalle aziende sanitarie, dalle autorità istituzionali e dai vecchi clienti che si sono ricordati che un tempo questi dispositivi venivano realizzati anche in Italia. Sì perché, dopo il 2005, per effetto della massiccia importazione dall’area asiatica e l’impossibilità di far fronte alla competitività dei prezzi, la produzione aziendale era stata ridimensionata e finalizzata solo a commesse di altissima qualità destinate ad aziende che prediligevano manufatti biodegradabili con le medesime caratteristiche e gli standard ad elevata resistenza a batteri e virus. Bisogna infatti sottolineare che le mascherine Coccato sono un prodotto di eccellenza del territorio di Novara, parte della linea Promovita®, frutto di anni di ricerca che hanno portato alla messa a punto di DPI accoppiati con Mater-Bi® che, oltre a rispettare tutti gli standard e le normative richieste dal Ministero della Salute, possono esser smaltite nel compost senza arrecare danno all’ambiente. In questi giorni l’azienda ha implementato la linea produttiva e sta mettendo in campo tutte le risorse al fine di ampliarla ulteriormente per gestire la domanda che si fa sempre più pressante e per mettere la produzione a regime, predisponendo nuovi spazi, programmando nuovi turni e straordinari dei suoi dipendenti.
Francesca Giordano
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Le mascherine Coccato

L'industria Coccato&Mezzetti di Galliate, gestita dalla famiglia Coccato, nell’arco di 15 giorni è riuscita a compiere un piccolo miracolo ripristinando la produzione di mascherine chirurgiche con l’obiettivo, ora finalmente raggiunto, di fabbricare quasi 100.000 pezzi alla settimana. La realizzazione di questi presidi medici biodegradabili, accoppiati con Mater-Bi® di Novamont, appartengono alla linea Promovita®, era stata notevolmente ridimensionata dopo il 2005, per effetto della massiccia importazione dall’Asia di mascherine e l’impossibilità di far fronte alla competitività dei prezzi. In questi anni la linea Promovita è sempre stata attiva grazie alla produzione di Dispositivi di Protezione Individuale (camici e tute monouso) forniti alla PA e ad aziende private, e questa è stata una fortuna, perché ha permesso di mantenere un ramo aziendale alimentato da competenze e maestranze espressione del territorio novarese, storicamente al centro del comparto tessile italiano, che in questi ultimi 10 anni ha registrato la chiusura di un’elevatissima percentuale di aziende specializzate. Come spiega l'amministratore delegato dell'azienda Fabiano Vittorio Coccato: «Realizzare un prodotto certificato comporta un notevole impegno economico e di risorse in termini di certificazioni, autorizzazioni che vanno rinnovate con elevatissimi standard produttivi che in Italia devono essere rispettati. Nella fattispecie i nostri sono Dispositivi Medici (DM), omologati secondo i criteri richiesti dal Ministero della Salute, che seguono un iter di autorizzazioni e certificazioni diverso rispetto ai Dispositivi di Protezione Individuale disposti dal Ministero del lavoro (FFP2 ed FFP3). Gli uni non escludono gli altri, naturalmente, sono tutti manufatti a protezione individuale: le nostre mascherine sono catalogate come “Presidi di protezione dal rischio biologico e chimico e testate contro il virus batteriofago Phi-X 174 (24 nanometri), rispondendo ai requisiti ammessi dal Ministero della Salute, e certificati secondo le norme En 14126 Uni En 14605 (Numero di Repertorio dei Dispositivi Medici 344193/R. Classificazione CND T0399. Classe I) e con marchio CE. Ho tenuto fare questa precisazione, per rendere l'informazione più chiara perché in questi giorni arrivano richieste confuse e non proprio consapevoli, anche da parte di tecnici delle pubbliche amministrazioni». In queste settimane Coccato&Mezzetti si è fatta capofila della produzione di mascherine grazie a una cordata di imprenditori che si sono organizzati per soddisfare le richieste nazionali, oramai dell'ordine di alcuni milioni di pezzi. Le commesse ad oggi sono contingentate e destinate con massima priorità alla Pubblica Amministrazione così come alla Sanità pubblica e privata (Protezione civile, Ospedali, Vigili, Croce Rossa, farmacie ecc.) della Regione Piemonte. «Il nostro rammarico è non riuscire a evadere gli ordini delle aziende – continua Coccato –. Ogni giorno riceviamo centinaia di telefonate da parte ditte private, e siamo stati costretti a congelare temporaneamente le richieste per rispettare gli impegni assunti con le istituzioni pubbliche e governative che devono garantire la sicurezza e la sanità pubblica. Da imprenditori ci rendiamo conto che ognuno ha un’esigenza pratica per continuare a far lavorare i propri dipendenti in sicurezza e limitare il più possibile le pesanti perdite economiche che inevitabilmente conseguiranno alla riduzione delle relative produzioni». L’invio di mascherine dalla Cina «porterà una vera boccata di ossigeno – se possiamo usare questo eufemismo –. Proprio questo Paese ha dato una lezione al mondo tendendoci la mano e, per quanto riguarda il nostro piccolo, ci ha alleggerito da un peso gravoso imposto da un senso di responsabilità che ci opprimeva davanti a tanta disperata richiesta. Certo ci aspettavamo maggiore collaborazione da parte delle istituzioni europee, che sembrano aver sottovalutato la portata del fenomeno: il blocco delle merci alla frontiera, per fare un esempio pratico non ci ha permesso di ricevere decine di migliaia di mascherine che avevamo fatto confezionare in Polonia con il nostro semilavorato, che sicuramente ci avrebbero permesso di assecondare almeno in parte le richieste non evase. Fortunatamente, oggi, con la produzione messa a regime e grazie alla collaborazione dei nostri dipendenti (con 15 addetti su 3 turni), potremo rispondere, anche se in minima parte, alle richieste delle aziende private del territorio che si trovano in uno stato di estrema difficoltà.

Nota storica*
Le mascherine Coccato erano state immesse sul mercato nel 2005, in una ancora fase pionieristica nella ricerca di materiali ecocompatibili e biodegradabili, che potessero contrastare l'uso indiscriminato e, fino ad allora favorito, della plastica (polietilene, polipropilene ecc.). In quel periodo Novamont e alcune piccole aziende che la sostenevano erano impegnate in una vera e propria crociata per promuovere il Mater-Bi®, sgomitando tra le lobby della plastica per fare accettare i propri prodotti e ottenere le autorizzazioni da parte delle istituzioni nazionali e internazionali.
Francesca Giordano
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Novara oltre la burocrazia delle certificazioni si candida al centro di una filiera tutta italiana

Trascorso un mese dall’inizio dell’emergenza, l’industria Coccato&Mezzetti di Galliate, gestita dalla famiglia Coccato, ha ormai stabilizzato la produzione a circa 500.000 mascherine al mese. Qualche settimana fa l’ad Fabiano Vittorio Coccato aveva espresso la propria stima nei riguardi di quegli imprenditori che intendevano convertire le loro produzioni in DPI, ma poi, come purtroppo siamo spesso abituati nel nostro Paese, ci si è scontrati contro la burocrazia delle certifi cazioni. Nemmeno gli sforzi compiuti dal Governo mediante il decreto 18 del 17 marzo, che all’articolo 15 autorizza la produzione di guanti e mascherine per uso medicale e per i lavoratori in deroga alle norme CE, sembra riuscire ad aiutare le aziende a superare questa impasse. «Quello che si può fare al momento - spiega Coccato - è rimboccarsi le maniche. Il paradosso è che ora non si comprende più nulla davanti alle certifi cazioni o alle autocertifi cazioni richieste per la produzione: innanzitutto non si arriva a una certifi cazione se non si dispone del materiale idoneo. Noi questo materiale lo abbiamo perché anni fa ci eravamo imbattuti in vie forse ancora più tortuose di quelle attualmente imposte dall’iter certifi cativo. Nella fattispecie le nostre mascherine sono classifi cate come Dispositivi Medici (DM), omologati secondo i criteri richiesti dal Ministero della Salute e con marchio CE, che seguono un iter di autorizzazioni diverso rispetto ai Dispositivi di Protezione Individuale (FFP2 ed FFP3), che vengono sottoposti a test sulla sicurezza del lavoratore. Ci tengo a fare questa precisazione per rendere l’informazione più chiara perché in questi giorni arrivano richieste confuse, anche da parte di tecnici e delle pubbliche amministrazioni. Gli uni non escludono gli altri, naturalmente, sono tutti manufatti a protezione individuale: le nostre mascherine sono catalogate come Presidi di protezione dal rischio biologico e chimico testate contro il virus batteriofago Phi-X 174 (24 nanometri), che offrono protezione dall’interno verso l’esterno, in particolare evitano a chi le indossa, anche se asintomatico, di diffondere il contagio. Diverso è l’iter che avevamo seguito per le nostre tute monouso, i camici, i manicotti, i calzari (e ormai anche delle visiere, delle quali abbiamo appena ottenuto la certifi cazione) che sono certifi cate come DPI con marchio CE». Ma al di là delle pastoie burocratiche, di cui nostro malgrado noi italiani già ci siamo fatti gli anticorpi, la scommessa oggi è la ripartenza, anche alla luce dei fatti che l’Europa sembra non avere una visione chiara del futuro e i Paesi dell’area settentrionale appaiono più inclini a valutare l’emergenza da un punto di vista fi nanziario piuttosto che attraverso la condivisione delle risorse per il bene dell’intera Comunità Europea. Se ogni Stato, soprattutto quelli più colpiti, deve fare da sé, risollevarsi sarà davvero dura, e rispondere alla sfi da ancora di più. Per quanto riguarda il territorio novarese, storicamente al centro del comparto tessile nazionale, le risorse imprenditoriali non mancano e nemmeno le competenze per creare una rete di aziende disposte a investire in quello che potrebbe diventare un settore strategico rispettando una fi liera tutta italiana. Da anni Coccato&Mezzetti ha stretto una collaborazione sinergica con Novamont e Orsa e in queste ultime settimane ha consolidato un asse industriale che può far fronte alla richiesta della materia prima per questi DPI a livello nazionale e cerca partner disposti a investire in un progetto comune tutto made in Italy. A questo si aggiunga un altro elemento, che forse in futuro diverrà cruciale oltre che strategico: il materiale di cui si parla è biodegradabile e compostabile, accoppiato con Mater-Bi fornito da Novamont (norma EN 13432) e appena passata l’emergenza, nelle cosiddette fasi 2 e 3, dovremo forse abituarci a tenere in casa una dotazione di mascherine che potranno essere smaltite nell’umido (quando non sarà in atto un’epidemia). Ma questo aprirebbe un altro capitolo, lo stesso che aveva animato la famiglia Coccato allora e che sembra rimanere avveniristico anche oggi.
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